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Total vuole andare a Wall Street perché a Parigi vale la metà: ma c'è lo stop del governo francese

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La quotazione di TotalEnergies diventa un caso politico. Il colosso petrolifero francese sta valutando di spostare da Parigi a New York la sede principale di scambio delle sue azioni, mantenendo il quartier generale in Francia. La decisione sarà presa entro settembre, ma il solo proposito ha suscitato l'immediata reazione del ministro dell'Economia, Bruno Le Maire. «È una decisione grave e sono qui per far sì che non accada perché sarebbe contrario agli interessi strategici della Nazione», ha tuonato l'esponente del governo francese che, pur avendo fondato Total nel 1924, non ha più partecipazioni nella major.

Le ragioni del trasloco

Con il trasloco a Wall Street, Total punta ad accorciare il divario di valutazione con le rivali statunitensi e a riflettere l'attuale composizione del libro soci, ha spiegato il ceo di Total, Patrick Pouyanné. «Negli ultimi quattro anni abbiamo perso il 7% degli azionisti francesi, in gran parte a causa delle regolamentazione Esg e della pressione che esercitano sugli investitori europei», ha detto il manager in audizione al Senato. «Viceversa, gli investitori istituzionali americani stanno comprando i nostri titoli e sono saliti dal 37 al 47% del capitale». Quanto allo svantaggio finanziario, Pouyanné ha rimarcato che l'americana Chevron capitalizza 300 miliardi di dollari contro i 180 di Total, benché entrambe abbiano chiuso il 2023 con 21 miliardi di utili.

Il vantaggio delle major americane

Non si tratta solo di una questione di numeri: è un problema industriale. Le Big Oil statunitensi possono infatti sfruttare il maggior valore di scambio delle loro azioni per acquistare concorrenti. E così rafforzarsi in un momento cruciale per l'industria petrolifera, stretta fra la necessità di investire sulla transizione energetica e l'esigenza di assicurare le forniture delle fonti fossili che ancora coprono gran parte dei consumi di famiglie e imprese. Non a caso, anche Shell ha accarezzato l'idea di trasferirsi a New York e, secondo indiscrezioni, anche Bp sarebbe tentata dalle luci della ribalta di Wall Street. Non così invece Eni che, accanto al 16% di soci nordamericani, ha lo Stato italiano come azionista di maggioranza relativa al 33%.

Lo stop del governo francese

«La mia risposta» ai timori delle major, ha soggiunto Le Maire, «è: dobbiamo creare un'unione dei mercati dei capitali in modo che si possano raccogliere somme molto più grandi su scala europea, specie per la transizione energetica». A quel punto, ha concluso, «non ci sarà più alcun motivo per andare a New York». Nel frattempo, già diverse aziende europee sono volate a cercar fortuna in America. Senza considerare le ipo dirette a Wall Street di Birkenstock e dei chip Arm, fra 2000 e 2023 oltre 300 compagnie — europee e non — hanno spostato la loro sede di quotazione a New York, portando con sé 1000 miliardi di capitalizzazione. E la tendenza sta accelerando: nel 2023 sono stati 32 i traslochi e quest'anno è già toccato all'italiana Cnh proveniente da Piazza Affari, e, ieri, a Flutter Entertainment, proprietaria delle scommesse Sisal, in partenza da Londra.

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3 maggio 2024

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