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I rettori a chi contesta Israele: le università collaborano con tutti

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di Valentina Santarpia

«Le proteste non decidono l'agenda delle università». E la ministra Bernini: no a zone franche. Ma il rettore di Bologna: «Ognuno è in grado di gestire a casa propria»

«L'agenda delle università non la decida chi contesta»: è la frase più significativa del documento che contiene le linee guida per affrontare e contrastare gli episodi di violenza e antisemitismo negli atenei, approvato dalla giunta della Conferenza dei rettori e diffuso ieri al termine della riunione. Non ci sono le linee operative specifiche che ci si aspettava, ma molte indicazioni generiche che riflettono le considerazioni che i rettori avevano già fatto molte volte in questi giorni, alla luce degli episodi sempre più frequenti che hanno messo a rischio la sicurezza nelle università. Ancora ieri sera alla Sapienza di Roma — dopo gli scontri dei giorni scorsi che hanno causato 27 agenti feriti e portato all'arresto di due giovani e alla denuncia di 32 persone, tra cui due minorenni — si è tenuta una lunga assemblea a porte chiuse. Molti studenti sono in sciopero della fame e con le catene ai piedi e chiedono di parlare con la rettrice Antonella Polimeni, che anche ieri non si è presentata.

I collettivi sollecitano, a Roma come in altre città, lo stop dei rapporti di collaborazione con gli atenei israeliani, compresi i bandi per i progetti di ricerca. Ma la linea della Crui è di tutt'altro avviso: «Siamo aperti a collaborare al di là dei confini e dei conflitti con tutti, altrimenti non dovremmo collaborare con tanti e questo è impossibile. Gli atenei sono indipendenti, liberi, autonomi», spiega la presidente Giovanna Iannantuoni. «Ieri è cominciato un percorso in cui gli scienziati di università ed enti di ricerca hanno iniziato a discutere dell'uso pacifico dei risultati della ricerca, anche l'Ue lo sta facendo e noi vogliamo far parte di queste riflessioni con un approccio scientifico. Le regole del dialogo devono essere rispettate, bisogna parlare e ascoltare». E quando gli studenti fanno irruzione, come si fa? «Si decida di svolgere eventi in altra modalità (per esempio online) ma si eviti di cancellarli», dicono le linee guida. Nel documento si invita a rispondere alle contestazioni infatti «non diminuendo, o eliminando, le occasioni di confronto, ma al contrario proponendo occasioni anche aperte alla cittadinanza e dedicate ai temi controversi, da svolgersi nel modo più inclusivo», e comunicando «con chiarezza alla stampa e alla cittadinanza la natura degli eventi e la politica culturale che li sorregge».

La strada auspicabile è quella che non cede al «lassismo» né spinge verso la «militarizzazione», precisa la ministra dell'Università e della Ricerca Anna Maria Bernini in audizione in Commissione straordinaria intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all'odio e alla violenza del Senato, presieduta da Liliana Segre: «L'università non è una zona franca, non è un luogo che possa garantire a qualcuno che sta commettendo reati, l'impunità», spiega la titolare del Mur. E sulla ipotesi, avanzata dal senatore di FdI Marco Scurria, di far entrare i componenti della commissione nelle università per ripristinare il confronto, è la stessa Segre a commentare: «Idea bella, ma utopica».

Piuttosto, i rettori organizzino incontri «dove ospitare gli esponenti delle organizzazioni umanitarie e della società civile che operano nelle zone di guerra perché possano raccontare la loro esperienza», sottolinea il documento. Che però non è stato accolto da tutti i rettori con lo stesso entusiasmo. «Credo che ciascuno di noi sia in grado di gestire i fatti che avvengono nei nostri atenei- sottolinea il rettore di Bologna Giovanni Molari, che non riteneva le linee guida necessarie -. Ogni ateneo ha le proprie peculiarità, è anche faticoso adeguarsi a modelli di comportamento. Quelle che stanno avvenendo sono dinamiche che ci sono sempre state, ognuno di noi è in grado di dare la risposta giusta».

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18 aprile 2024 (modifica il 18 aprile 2024 | 22:04)

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